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Natale in Irlanda. Un brano di Claire Keegan
di Grazia Napoli
Ho scelto la parola Natale. Mi ha colpito questa descrizione familiare e di ambiente in un paese dell’Irlanda negli ’80 del ‘900

Si avvicinava Natale. Un magnifico abete rosso era già sistemato nella piazza accanto al presepe, che quell’anno sfoggiava statue dipinte di fresco. Se qualcuno trovava troppo sgargianti le vesti rosse e viola di Giuseppe, nessuno ebbe nulla da eccepire sulla Vergine Maria, inginocchiata e remissiva, , in bianco e azzurro come sempre. Anche l’asinello marrone aveva più o meno il solito aspetto e montava la guardia vicino alle due pecorelle addormentate e alla culla, che la Vigilia avrebbe accolto la statua di Gesù Bambino. La gente aveva l’abitudine di radunarsi lì la prima domenica di Dicembre, davanti al Municipio, una volta calato il buio, per assistere al momento in cui si accendevano le luci. Il pomeriggio non aveva piovuto, ma il freddo era pungente e Eileen aveva detto alle figlie di chiudersi bene la giacca a vento e di mettersi i guanti. Quando arrivarono in centro, la banda di cornamuse e i cantanti erano già lì, e la signora Kehoe aveva montato una bancarella dove vendeva fette di pan di zenzero e cioccolata calda. Joan, che era arrivata prima di loro, stava distribuendo i fogli con i canti di Natale assieme ad altri membri del coro, mentre le suore si aggiravano qua e là, sovrintendendo a tutto quanto e fermandosi a parlare con alcuni dei genitori più abbienti. Faceva troppo freddo per starsene lì fermi, perciò fecero quattro passi nelle vie laterali prima di ripararsi davanti alla porta di Hanrahan’s, che aveva l’ingresso un po’ rientrante, e Eileen si fermò ad ammirare un paio di scarpe di vernice blu e una borsetta in tinta e a scambiare due parole con qualche vicina di casa e altre persone che vedeva di rado e che abitavano fuori città, approfittandone per sentire le ultime novità. Dopo un po’ dall’altoparlante arrivò un annuncio che invitò tutti a riunirsi. Il consigliere di Contea, con la sua catenona sul cappotto elegante, scese da una Mercedes e fece un breve discorso prima che qualcuno premesse un interruttore e si accendessero le luci. Allora, come per magia, le strade cambiarono all’improvviso e presero vita sotto i lunghi fili di lampadine multicolori che il vento faceva dondolare delicatamente sopra di loro. Dalla folla sgorgò qualche debole fiotto di applausi e subito attaccarono le cornamuse, ma alla vista del Babbo Natale alto e grasso che veniva verso di loro, Loretta indietreggiò e scoppiò a piangere. -Non è niente – la rassicurò Furlong. – E’ un uomo come me, solo che è in costume. Mentre gli altri bambini si mettevano in fila per andare a trovare Babbo Natale nella sua grotta e ritirare i regali, Loretta rimase ferma dov’era aggrappandosi alla mano di Furlong. -Non c’è mica bisogno di andare se non te la senti – le disse lui. Rimani qui con me. Ma lo feriva lo stesso vedere sua figlia, la carne della sua carne, così turbata davanti a quello che gli altri bambini agognavano, e non poté fare a meno di domandarsi se sarebbe stata abbastanza coraggiosa o abbastanza brava per affrontare ciò che il mondo aveva in serbo per lei.
Claire Keegan, Piccole cose da nulla, Einaudi, 2024. Cap 3
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