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di Grazia Napoli




In gergo si chiama "mattinale". Nel giornalismo è il "giro" che il cronista fa dalla Questura, alla Caserma dei Carabinieri, dai Posti di Polizia degli Ospedali, alle Caserme dei Vigili del Fuoco e della Guardia di Finanza, ai Tribunali per avere la "cronaca". Reperisce le notizie, le approfondisce, cerca di trovarne le connessioni con fatti analoghi precedenti e con la società in cui è avvenuto. Poi scrive. Riporta nomi, date, fatti. Alla fine è soddisfatto: ha fatto il suo lavoro, "ha dato la notizia".
Per chi fa questo mestiere è routine, come è routine per il medico una visita in corsia, per l'ingegnere quella ad un cantiere, per un professore il confronto con i propri studenti. Tutti si imbattono in altre vite, in altre storie, in altri individui con sentimenti ed esigenze. Nessuno pensa a quello che c'è dietro ai nomi: persone, con una vita, con una professione, con degli affetti. Ma il giornalista che, spesso, scrive delle vite degli altri pur non conoscendone che "un fatto" o "un aspetto" è più esposto, sbaglia più facilmente, rischia, per "voglia di notizia", di "sbattere il mostro in prima pagina". Non lo fa per cinismo o irresponsabilità, ma perché "vive di notizie e per le notizie", perché non può "bucare" e non ha il tempo di approfondire, perché, rispetto alle altre testate, deve avere sempre una notizia in più. Per Karl Kraus, "il giornalista è colui che spiega ad altri ciò che egli stesso non sa". Una definizione dura, ingenerosa e non sempre vera che, con il sorriso, demolisce una professione non facile, tante volte fatta anche di remore, di paure, di crisi di fronte alla denuncia dei fatti e alla maniera in cui farlo. Dall'altra parte: le fonti, spesso avare, stringate, burocratiche, che suscitano nel giornalista curioso ulteriori domande. E allora? Cosa fare per non ingannare chi ascolta o legge? per dare una versione dei fatti veritiera e completa?
La soluzione forse si può trovare solo nella collaborazione; nella chiarezza, che viene dalle fonti dirette; nell'onestà intellettuale di chi spiega, attraverso un giornalista, i fatti alla gente e nell'onestà professionale di chi ha scelto, per mestiere, quello di raccontare la realtà. Ci sono momenti della vita di una comunità in cui  questa chiarezza è necessaria, per non creare mostri, per non demolire carriere, per non rischiare di non dare risposte a chi le attende, perché vittima di una tragedia umana.L' informazione deve mediare intelligentemente. Deve conoscere, per denunciare, proporre e "collaborare" alle soluzioni. Non serve gioire se cade una testa e poi rimanere a guardare, aspettando che ne cadano altre. Non serve a costruire. Serve, invece, collaborare, capire e spiegare i fatti alla gente, che attende risposte dai luoghi in cui i fatti avvengono, ma anche dalla stampa, che li racconta.
E' un'opinione. L'opinione di chi vive di giornalismo, di passione per la notizia, per il racconto di una storia, che deve sempre servire da esempio, ed essere l'anello di una catena di conoscenze, che aiutino a migliorare.    
    

  
  
  


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