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Racconti di Natale di Eva Bonitatibus
di Grazia Napoli
Il Natale di una volta. Tra vicoli e “cuntane” potentine, vissuto in famiglia e nel “vicinato”, rispettando le tradizioni religiose, i riti della cucina povera fatta in casa con i prodotti della terra, la condivisione.
La vigilia a “Porta Salza” in attesa della cena. Sulle tavole, immancabile, il “piccilatìedd’”- “pane di Natale, piccolo di nome, ma grande e grosso di forma e di peso” fatto con la farina carosella, che costava lunghe attese davanti al forno del centro storico e qualche schermaglia tra le “comari”. Il pane veniva affettato e distribuito dal capofamiglia, dopo la preghiera ed era contorno essenziale agli altri alimenti – i vermicelli aglio e olio, il baccalà, le arance, i fichi secchi, gli struffoli - e al racconto sulla nascita di Gesu’. Vicino al focolare, che avrebbe arso per tutta la notte - raccontava il nonno ai nipoti - la Madonna avrebbe asciugato i panni del Bambinello, mentre la famiglia era a messa, nella Cattedrale di San Gerardo. Storie, tradizioni e credenze potentine, in fondo mai dimenticate davvero. Parte da questa narrazione, con “La leggenda del piccilatìedd’”, “Racconti di Natale”, prima prova d’autore di Eva Bonitatibus, giornalista potentina, fondatrice del Circolo Culturale Gocce d’Autore e dell’omonima rivista online.
Pasquale Palese - acquerello 2020
Quattro racconti brevi, che sono un inno alle antiche tradizioni e alla vita di fine ‘800 a Potenza, ma non solo. Tra cronaca e immaginazione si ispirano – pur nella finzione letteraria – a fatti, persone e personaggi, che – in gran parte - davvero vissero quei tempi. Tutto documentato in testi e archivi. Raffaele Riviello, Antonio Motta, Vincenzo Perretti, Rocco Triani, Carlo Rutigliano e il poeta Nicola Sole. Queste alcune fonti da cui l’autrice trae notizie, sensazioni, atmosfere di una città che non c’è più.
Una ricerca di archivio che le ha consentito di ambientare “Canto silenzioso” nel Natale di quel terribile 1857. Pochi giorni prima – il 16 Dicembre – un devastante terremoto aveva portato morte e distruzione. Le macerie, la perdita di ogni cosa, la preghiera incessante richiamano – inevitabilmente – il Natale del 1980, fatto di silenzio in una città-fantasma.
E poi la voglia di rinascita e progresso, nel racconto successivo “Natale di luce”, ambientato nella Potenza del 1894, quando si attendeva la modernità con l’arrivo dell’elettricità, che avrebbe alimentato l’illuminazione cittadina, sostituendo quella delle lampade a petrolio. Nella sua instancabile ricerca archivistica, a caccia delle proprie radici, Eva Bonitatibus ha scoperto che uno degli ingegneri, che concorrevano a quel bando era un suo antenato, Giuseppe Bonitatibus, giovane professionista simbolo della voglia e della capacità di una città antica e più volte ferita, di risollevarsi e guardare al futuro, pur mantenendo intatte le proprie capacità e competenze, anche artigianali. “Le tre campane”, ultimo racconto, narra come tra manualità, magia e fantasia si costruissero le campane per le chiese cittadine.
I quattro racconti sono illustrati dagli acquerelli del maestro Pasquale Palese. Disegni delicati e forti al tempo stesso, che - nella essenzialità delle linee pulite e nei colori pastello – illustrano una realtà, che sembra una favola.
Fantasia e concretezza, si intrecciano in un linguaggio lineare, semplice, mai banale, capace di descrivere luoghi precisi, paesaggi, atmosfere, caratteri e di rasentare spesso la poesia. Suscitando emozione e partecipazione.
Un libro che consente di far rivivere frammenti di civiltà e che si legge tutto d’un fiato.
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