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Grecia: dove ancora “vivono” gli dèi
di Grazia Napoli


       Sulle coste si respira un’aria di mistero mista ad una spiccata genuinità. Il passato e il presente convivono in un connubio a volte forzato, tra la ricerca ancora confusa di un’identità europea e la sagoma del Partenone, che, da sempre, domina Atene, con l’imponenza e la “saggezza” di un imperturbabile protettore e consigliere.


Figura 1 - Atene, l'acropoli


       Dalla Plaka, quartiere centrale dell’Atene storica, si alzano festose le note dei Sirtaki, che avvolgono i pensieri, soggiogano le tristezze e allontanano la nuova civiltà, quella sempre più europea della capitale. Dalle isole ai vicoli di Atene, dall’Egeo allo Jonio, fino a Creta, isolata e maestosa rispetto al continente, “vive” la tradizione.

       E sono proprio i più giovani che, pur non rifiutando una vita dal carattere internazionale, non lasciano morire una danza dal sapore e dalle movenze orientali; una danza che si fa all’unisono e abbracciati; una danza dai significati precisi, che sono un inno all’amicizia e alla tolleranza; una danza che i giovani fanno vestendo il tradizionale gonnellino, la fascia in vita e i preziosi ricami, per ricordare i gesti degli atleti olimpionici, in spettacoli sempre più avvincenti.

       Gli stessi giovani che animano – anche con il Sirtaki - la notte di Atene: l’ora in cui gli ateniesi amano vivere e comunicare. Viaggiando verso le zone interne della Grecia si vedono le case sempre in costruzione: la parsimonia e uno spirito laborioso suggeriscono, infatti, di attendere, per innalzare tanti piani quanti sono i figli in casa: costruzioni squadrate su cui, però, non manca mai un fregio, che ricordi l’antico splendore.

       Sulle colline digradanti dell’isola di Creta le viti dicono che l’economia si basa ancora sull’agricoltura. E accanto ai vigneti: gli uliveti e gli agrumeti; su, in cima, Acropoli più o meno conosciute, che hanno perso l’originaria funzione di difesa, ma ancora guardano il mare. Al viaggiatore attento e accaldato questo contatto quasi epidermico con le cose, questa desolazione piena di storia, richiamano le antiche leggende, la favola mitologica, che ancora rivive nella forma di una montagna, dove nacque Zeus o sulla collina di fronte, dove si staglia la fisionomia di un guerriero addormentato. Fantasia e Storia si intrecciano nell’oleandro che non perde le foglie, a ricordo delle nozze di Zeus ed Europa o nella fontana della principessa Glaukè assassinata da Medea.

       La storia di riaffaccia prepotente – invece - tra le mura del Palazzo di Cnosso, dove la civiltà minoica insegna all’uomo moderno che, oltre 1500 anni fa, qualcuno sapeva già cosa fosse un acquedotto, una fognatura o la scala sociale, in un palazzo-città arroccato su una collina. Tra le rovine greche gli archeologi di tutte le scuole continuano a scavare, alla ricerca non di segni rivelatori, ma capaci di confermare che si è in presenza di scoperte rivoluzionarie. I Greci, ad esempio, sapevano già difendersi dai terremoti: una sfoglia di legno tra le pietre di un palazzo costituiva la prima costruzione antisismica di un popolo che non aveva ancora conosciuto il ferro.


Figura 2 - Egina, il molo


       E poi c’è l’arte, quella drammatica e drammaturgica. Era già patrimonio delle antiche popolazioni. I teatri semicircolari dall’acustica perfetta oggi sono aperti al pubblico per spettacoli nazionali ed internazionali, in cui si compiono e si ripetono veri e propri riti, che, nella nostra anima occidentale, che ha dimenticato la propria radice latina, e, prima ancora greca, finiscono per suscitare emozione, gioia e voglia di partecipare. Un vento continuo batte il mare cristallino delle isole, che frastagliano la costa. Ma non è più il vento scatenato dell’ira di Era sull’Olimpo: è un vento liberatorio.

       E libertà vuol dire anche mangiare e bere in una delle trattorie all’aperto, nel bel mezzo del mercato di Egìna, dove il pesce si cucina ancora sul banco del venditore e il turista diventa tutt’uno con quell’ambiente, dove tutto si confonde, si mescola e si riassume in una parola “Jamàs” – che vuol dire “Cin Cin”.

       Qui i colori sono intensi e veri, la terra e il mare ancora incontaminati, la gente e le cose genuini. Tutto sembra fermo al tempo degli dèi, degli eroi, degli atleti di Olimpia.

       Ma poi, tanti palazzi coperti da insegne luminose e intermittenti, laggiù, ad Atene, sotto il Partenone, riportano alla realtà!




  
  
  

 
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