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Sulle orme di Pina Bausch - incontro con Aida Vainieri
di Grazia Napoli


Cosa c’è di più armonico e tecnico al tempo stesso della Danza? Canoni e regole precisi, decisi, ripetitivi. Nella Classica come nella Moderna e Contemporanea. Nel mezzo, c’è la ricerca, lo studio sul corpo e l’anima, la dimensione teatrale. Il Teatro-danza, che inventa nuove forme, nuovi gesti, nuove interpretazioni. Personali.

Una delle più grandi coreografe a dar vita a questi concetti è stata la tedesca Pina Bausch, che nel 1973 fondò il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch con una Compagnia di danzattori a cui si è chiesto di creare, danzare, interpretare facendo emergere sentimenti profondi, in maniera non convenzionale. Rompendo i canoni.




Della compagnia fa parte, dal 1991, Aida Vainieri. Ha preso parte alla quasi totalità delle produzioni della grande coreografa, scomparsa nel 2009. Nata a Potenza e vissuta sin da bambina al Nord, Aida Vainieri ha seguito la Bausch partecipando alla gran parte delle sue produzioni. È una delle sue danzatrici storiche ed è ancora a Wuppertal, per proseguire il suo sogno

Ha accettato di raccontarci la sua esperienza.

Pina Bausch. Quale rivoluzione nella Danza?

La sua rivoluzione si è manifestata sin dagli inizi, perché ha sempre seguito le motivazioni del suo cuore e non per provocare o pensare a quale sarebbe stata la reazione della critica. Ha ascoltato il suo cuore e la sua necessità interiore di evidenziare, attraverso la sua esperienza, sentimenti e sensazioni, condividendole già con i primi danzatori che hanno fatto parte della sua storica Compagnia.

All’inizio non è stato semplice ovviamente, perché nessuno aveva mai affrontato un linguaggio del genere. Il pubblico spesso si alzava e andava via…. ma poi, pian piano ha capito… ovunque!

Come molti sanno, la sua ricerca è sempre partita dalle molte domande che ha sempre posto ai suoi danzatori, durante i laboratori di ricerca. Attraverso le risposte, aperte in tutti i sensi, ha poi legato ad Arte ogni frammento. Queste “luci”, che definisco ricami, sono diventate il suo linguaggio. I suoi spettacoli all’inizio spaventavano molto, proprio perché mostravano una verità e - come sappiamo bene - la verità, in un certo senso, disturba, disorienta, infastidisce, spaventa, perché rende scomode le zone di interpretazione esistenziale. Quelle in cui è più facile non guardare e confrontarsi. Ecco perché il suo lavoro ha segnato un grande cambiamento storico, sia nella Danza, che nel Teatro. E ancora oggi molti suoi lavori sono attualissimi.

Il suo grande, immenso lavoro di ricerca ci ha coinvolto sia nella ricerca del gesto/danza, sia in situazioni più teatrali, con attenzione ai dettagli e nei passaggi tra un’azione e la successiva, giustamente maniacali, perché i collegamenti sono importanti, come il vivere quotidiano. Ogni volta che proviamo, sappiamo che deve essere riprodotto tutto con una grande consapevolezza, come fosse la prima volta, ma con una freschezza nuova… appunto viva. E mettiamo insieme ogni possibile sua informazione, attraverso video, libri di regia e migliaia di appunti.


Come rompe i canoni? Quali sono i principi dell’uso del corpo e con quali metodi li ha trasmessi alla sua Compagnia?


Il lavoro di Pina è immenso. Grazie ai suoi insegnamenti possiamo, ancora oggi, come danzatori, trasmettere al pubblico e a noi stessi ciò che lei - quotidianamente - ci ha sempre chiesto: la nostra verità, professionalità, dedizione e attenzione. Empatia e lavoro quotidiano, qualsiasi cosa accada.


Il suo vastissimo repertorio raccoglie diversi mondi; spettacoli nati seguendo l’ispirazione di una storia. Come avviene per “Iphigenie in Tauride” o “La Sagra della Primavera”, “Orfeo”, “I sette peccati capitali“. Ogni lavoro ha una sua base di interpretazione unica. Tutte le nuove produzioni e le coproduzioni con altre città e Paesi nel mondo sono sempre partite dalla ricerca sul posto. Ci ha letteralmente sguinzagliato alla ricerca di informazioni locali. E dalle risposte alle migliaia di domande, che ci poneva ogni giorno, sia sul vissuto, sia sulla ricerca dei movimenti. Questo prima non era mai esistito. La sua guida ha rotto completamente ogni schema.

Uscire dagli schemi a quali esiti ha portato?

Ha portato non solo la sua forza profonda di coinvolgimento, ma ha anche permesso di poter arrivare al cuore del pubblico di qualsiasi parte del mondo. Ovunque, ognuno è riuscito a “riconoscersi“ in noi, perché abbiamo trovato, con lei e attraverso le sue grandi visioni, un linguaggio universale.

Come sei entrata in contatto con lei e quale è stata la sua esperienza?

Ho avuto modo di vedere i suoi spettacoli a Venezia, nel 1985 durante un Festival, grazie ad un carissimo professore di design dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, che invitò me e altri studenti a vederla al Teatro La Fenice offrendoci un abbonamento. Fu la chiave che mi aprì alla visione che - in quegli anni - già cercavo! Fu per me e per i miei amici pittori e scultori uno sconvolgimento enorme e quando seppi della sua audizione a Wuppertal presi un treno e ci andai, immediatamente senza pensarci due volte, nonostante non parlassi né inglese, né tedesco!

Non avrei mai immaginato che lei si potesse accorgere di me, c’erano più di 400 danzatori all’audizione. La feci con emozione e modestia. Era la mia prima audizione e mi bastava la gioia di essere li. Dopo 8 ore, quando mi fermò, per chiedermi di essere prima ospite nella scuola di Essen, La Folkwang Hochschule, e nella stessa compagnia FTS e, successivamente di far parte della Compagnia del Tanztheater non ci potevo credere!!!! Una gioia indescrivibile e una gratitudine immensa, che dura ancora oggi e che durerà  per sempre.

Come ha rivoluzionato i tuoi canoni della Danza – tu che venivi da una formazione classica?

La mia formazione classica di base era partita da una piccola scuola privata. Contemporaneamente avevo studiato anche Danza Contemporanea e Aikido e Qi Gong. Ho avuto due insegnanti che hanno dato l’anima ad ogni allieva e allievo, ma quello che cercavo da sempre era ciò che vidi poi - finalmente - al Teatro La Fenice. Conoscevo solo il suo nome. Non avevo visto mai nulla prima, ma guardando i suoi spettacoli sapevo che era proprio ciò che sognavo e desideravo. Entrare nella Compagnia è stata una grande fortuna. La mia devozione per Pina è la stessa del primo giorno. Mi commuovo ancora al solo pensiero.

La rottura dei canoni classici quali esiti ricostruttivi ha portato?

Quelli di andare oltre la tecnica. In Compagnia studiamo tutti i giorni. Le lezioni dei grandi maestri sono anche di classico, ma non solo. Sono lezioni che hanno un carico diverso da quello di chi studia e lavora solo con la danza classica, giustamente. La Tecnica è importante e necessaria, ma bisogna andare oltre. Lo sosteneva anche un grande amico di Pina, Kazuo Ohno, maestro giapponese di Butho.




Come danzatrice storica della Compagnia hai portato avanti i suoi insegnamenti? Li hai personalizzati e adattati?

Sempre!

Pina ci chiedeva di non accontentarci mai della scoperta di una sola cosa, ma di proseguire, con curiosità e metterci in discussione, di lavorare sodo. Che cosa meravigliosa poter esplorare e imparare senza fine. Oltre ogni cosa.

Come si può far conoscere e proseguire questa esperienza? Sta avvenendo o tutto questo rischia di diventare “storia della danza”?

È molto, molto difficile da quando Lei non c’è più. Anche se con noi danzatori c’è sempre.
Abbiamo vissuto con Lei per anni. Io sono in Compagnia da 30 anni, ma c’è chi è lì da 40 anni e più. Ci sono i giovani, che hanno bisogno di cura e amore, sono bellissimi! Per chi non lo sapesse, Pina lavorava con danzatori e attori dai 20 ai 70 anni e più… ora è diverso…
Certo non è semplice. Dipende molto anche dai nuovi leader che arrivano.
Spero solo che la Compagnia prenda la strada che deve prendere e che il suo lavoro venga ricordato e amato, per dare ancora ispirazione ai danzatori futuri. Ogni cosa nuova ben venga, se parte sempre da un’esigenza interiore.

Quanto di italiano sei riuscita a mettere in una compagnia multinazionale, multirazziale e multilingue?

Tantissimo. Pina amava moltissimo l’Italia. Non a caso ci sono produzioni nate in Italia come “Viktor“, “Palermo, Palermo”, “O Dido“. In Compagnia ci sono più di 28 nazionalità.

Lei amava infinitamente tutte le diversità, in tutti i sensi. Spero che questo suo messaggio non abbia mai fine, perché le diversità (in tutti  i sensi) sono la ricchezza del mondo e di noi tutti!

Hai raggiunto una tua specificità?

Sono alla ricerca continua, è un dovere e spero che il Sogno di mettere su una mia Compagnia si avveri. Intanto, non mi fermo! Ho il cuore, l’anima e il corpo pieno della vitalità che Pina ha lasciato a tutti noi.


- Questo artiolo è stato pubblicato sulla rivista culturale online www.goccedautore.it n.102 - diretta da Eva Bonitatibus

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