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Una sera con Katia allo “Stabile”
di Grazia Napoli


Febbraio 1999 - Abito di pizzo marrone e tulle a balze. Katia Ricciarelli si muove con grazia ed eleganza sul palco del Teatro Stabile nella sua prima esibizione a Potenza. Sorride con la calma che sempre la contraddistingue, saluta il maestro, tende le braccia verso il pubblico nell’eseguire acuti perfetti. Uno spettacolo, quello della soprano, che ha conquistato subito l’attenzione della platea e dei palchi, con cui ha anche saputo dialogare. “Vi presento un nuovo tenore, è georgiano, mi sostituisce per un brano. Intanto vado a prendere un tè, perché in questo vostro bellissimo posto ho preso un po’ di freddo”. Applausi e risa di comprensione e partecipazione del pubblico, in una serata davvero gelida.




Torna Katia Ricciarelli ed esegue un’aria molto famosa; scherza sull’italiano imperfetto del suo partner “conosciuto stasera”, precisa; non sembra apprezzarne nemmeno particolarmente il napoletano quando, insieme, intonano ‘O sole mio.

Un  repertorio noto che avvicina ancora di più la star alla platea. Una star che è piaciuta per la sua semplicità; che ha coinvolto per la sua alta professionalità; che ha divertito per lo spirito e la comunicativa, in uno spettacolo che non ha mai avuto momenti di stanchezza.

Il pubblico non ha risparmiato gli applausi. Puntuale, dopo un’ora e mezzo di spettacolo, sul duetto della traviata verdiana, il brindisi tra Alfredo e Violetta, arriva la richiesta del bis. Prontamente concesso. Ma solo uno. Accetta di buon grado la targa segno di ospitalità della comunità potentina che le consegna il sindaco “a riconoscimento della sua lunga carriera” e un mazzo di fiori che, come la stessa Ricciarelli ha spiegato alla platea “non riusciva a passare oltre la quinta”.  




Va via Katia Ricciarelli nel suo abito svolazzante, sorride discreta con la sua targa in mano, ripresenta i suoi colleghi. Alla richiesta di un secondo bis fa accendere le luci in sala.

La Magia si dissolve, lo Stabile ritorna quello di sempre, le tante pellicce defluiscono dai palchi e dalla platea.  Nell’aria c’è ancora un senso di magia e compiacimento.

  
  
  

 
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