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L’età Elisabettiana
È l’età dell’Umanesimo. Età di mutamenti negli orizzonti
filosofici, filologici, stilistici, retorici,
religiosi; età di nuove scoperte geografiche,
scientifiche ed economiche. È l’età dello Stato-
Nazione. In Inghilterra: l’età dei Tudor, epoca in cui la Corte
diviene il centro della moda e della cultura e le grandi
ville nobiliari di campagna, sostituendosi ai
monasteri, oramai soppressi, il centro di propulsione
e protezione delle arti.
È l’età della diffusione del libro, di cui è produttrice
e consumatrice
la classe media emergente e per cui le autorità avevano
posto un vincolo: l’iscrizione nello “Stationer’s Register”.
In
Inghilterra, nel ’500, proliferavano le librerie, anche
in provincia;
a Londra, St. Paul’s churchyard era una piazza affollata
di “stationers”(1).
A corte, era di moda scrivere; circolavano molti manoscritti
dati alle stampe, prima per amicizia, poi per avere
una fonte di
guadagno. L’interesse culturale e quello commerciale
si intrecciavano,
ma nacque, comunque, l’amore per la cultura, che non
solo dava la possibilità di progredire socialmente,
ma era considerata
la fonte della virtù, aveva, insomma, una connotazione
di
tipo morale. L’uomo, coltivando i propri poteri intellettuali,
poteva
innalzarsi e sentirsi in armonia con l’Universo: una
parte di
questa armonia. Sotto il governo di Elisabetta Tudor
molte cose
cambiarono, anche il modo di guardare alla propria lingua.
L’inghilterra rinascimentale non aveva modelli letterari come
Boccaccio, ma cominciava ugualmente ad apprezzare, in prosa,
la corposità e la materialità concreta della lingua
parlata, la forza dei monosillabi, che, in versione
scritta, avevano un loro significato e una loro
bellezza, man mano anche letteraria.
What is written with
the ear must be read with the ear: “ciò che
viene scritto
con l’orecchio dev’essere letto con l’orecchio”,
questa la teoria degli inglesi rinascimentali
sulla forza e sulla musicalità della parola trasformata
in scrittura. Ma, alla base della prosa elisabettiana,
c’è, comunque, un grande studio stilistico e la commistione
tra spontaneità della lingua parlata e logica della
retorica.
Su questa lingua, forte fu l’influsso del latino e la
conoscenza
dei primi libri italiani che circolavano in Inghilterra:
oltre all’opera
di Boccaccio, Il Cortigiano di Castiglione:
opera letteraria e di
divulgazione di uno “stile di vita”: quello in voga
nelle corti italiane
del ’500.
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