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    La stima che gli uomini colti dell’Inghilterra del ’500 ebbero per Boccaccio si giustificava con il fatto che la sua fu un’opera “poetica”, che racchiudeva il senso tragico della vita e narrava la storia di Ognuno. Penetrando l’umanità dei suoi personaggi, riusciva a trasfigurare in poesia le piccole miserie, proprie dell’uomo comune, sempre combattuto tra moralità e passionalità.

Bandello e Giraldi Cinthio nel ’500 inglese

   Dagli inizi degli anni ’60 del XVI secolo, Matteo Bandello divenne una delle fonti più usate dagli scrittori elisabettiani(31). Lo testimoniano le tante trame di commedie dell’epoca, tratte dagli intrecci delle sue novelle. La sua influenza interessò, naturalmente, anche lo sviluppo della prosa(32). Gli inglesi spesso traducevano le novelle di Bandello dalle versioni francesi di Boaisteuau e di Belleforest. In queste traduzioni, cercavano di attenersi al testo, ma facevano una selezione dei problemi delle novelle scelte e, a volte, apportavano mutamenti o aggiunte, allontanandosi dal testo originale(33).
    Il solo a tradurre direttamente dall’italiano fu W. Painter(34). In genere, erano poche le innovazioni e le aggiunte al testo originale(35). Ciò che la cultura inglese poteva mutuare dall’opera di Bandello era, in effetti, solo lo spunto delle trame e alcune loro situazioni, quelle adattabili allo stile di vita inglese del tempo. Spesso, le poche novelle tradotte venivano trasformate “into rhetorical edyfing love-pamphlets with which the Elizabethan jest-books and related novels have hardly anything in common”(36) e la materia letteraria, che influenzava il mondo culturale inglese non proveniva dalle novelle italiane di Bandello, ma piuttosto da storie in cui, se i soggetti erano mutuati da Bandello, l’atmosfera, la tecnica e il tono erano quelli in voga nel romance francese di Amadis(37). L’opera di Bandello è insomma molto singolare e lontana dalle esigenze stilistiche della prosa elisabettiana. Bandello stesso riconosceva e professava di “non avere uno stile” e di scrivere, in una prosa zeppa di “lombardismi”, novelle che avevano il valore di storie, ossia di ragguagli e cronache, poiché “ogni storia, ancorché scritta fosse nella più rozza e zotica lingua, sempre diletterà il suo lettore”(38). Per Getto:
È difficile trovare delle novelle che nel rigoroso ritmo di una continua narrazione abbiano un’estetica compiutezza. In tutte, anche nelle migliori, rimane sempre qualcosa di provvisorio. Eppure l’opera resiste nel tempo: ed esiste per una sua vitalità diffusa, per il suo significato d’insieme(39).
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Note:

31 M . Schlauch, op. cit, chap. V, pag. 143.
32 Cfr. R. Pruvost, Matteo Bandello and Elizabethan Fiction, Paris 1937, chap. III, par. I, pag. 199.
33 Ivi, Foreword, pag. 5.
34 Ibidem.
35 R. Pruvost, op. cit., chap. I, par. 5, pag. 67:  
“... the work of translating from the Italian went on. Nothing very new or material, however, was henceforth to be added to the translations from Bandello. Between the years 1568 and 1576 especially, though several productions evince an interest in what he had written, only one new story is added to those that had previou- sly been done into English. And this at the beginning of the period”.
36 Ivi, chap. II, par. I, pagg. 199-200
37 Ivi, Foreword, pag. 7.
38 B. Croce, op. cit., pag. 487.
39 G . Getto, ‘’Significato del Bandello’’ in Lettere Italiane, VII, n. 3, Luglio- Settembre 1955, pag. 317

 

  

 
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